Sono “Zea Mays” ma chiamami polenta
|Origine e diffusione
Il mais (o granturco, granone, frumentone, ecc.) fu conosciuto dagli europei un mese dopo la scoperta dell’America all’interno di Cuba dove era chiamato maíz.
La prima, rapida diffusione del mais in Europa si ebbe nel 1600 nelle regioni Balcaniche, allora facenti parte dell’impero Ottomano, grazie alle condizioni climatiche favorevoli che assicuravano produzioni di granella più che doppie rispetto ai cereali tradizionali e, forse, anche al fatto che questo nuovo prodotto agricolo sfuggiva alla tassazione non essendo rubricato.
Qualche tempo dopo il mais iniziò a diffondersi in Italia, probabilmente con varietà provenienti dai vicini Balcani (da cui forse deriva il nome popolare di «granturco»). Le regioni padane, e in particolare quelle nord-orientali, grazie al clima favorevole furono quelle che introdussero il mais nei loro ordinamenti colturali con larghezza tuttora insuperata. Ma anche le regioni peninsulari centrali trovarono nel mais un valido contributo al precario sostentamento alimentare delle popolazioni agricole, tanto che questa coltura entrò a far parte degli ordinamenti policolturali del centro Italia pur se il clima di quest’area non fosse ideale.
Nella seconda metà del XX secolo la maiscoltura italiana si è profondamente modificata, nel senso che le produzioni si sono orientate verso il mercato anziché verso l’autoconsumo alimentare umano e che, in conseguenza, il mais è scomparso dalle aree marginali non irrigate, dove dà rese modeste e incostanti, e si è localizzato quasi esclusivamente nelle zone irrigate dove ha potuto vedere enormemente intensificate le sue produzioni grazie all’introduzione dei mais ibridi, altamente produttivi, ma molto esigenti quanto a tecnica colturale.
Le regioni italiane più intensamente maidicole sono Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli V .G.: da sole queste quattro regioni producono circa il 66% di tutto il mais prodotto in Italia. Il mais è pochissimo coltivato nell’Italia meridionale, e praticamente assente nelle Isole.
Parlare semplicemente di mais è piuttosto generico, perché di questo versatile cereale esistono moltissime tipologie, diverse per la disposizione e le dimensioni dei chicchi, nonché per il sapore e il colore: c’è il più comune mais giallo, il rosso tipico del Trentino, il Blue Jade Corn dal sapore dolce, il verde messicano, il mais biancoperla diffuso in Veneto, il mais nero conosciuto in America centrale e in Asia e addirittura il Gemm Glass Mais, una varietà particolarissima dai chicchi multicolori che veniva coltivata dai nativi americani e che ancora oggi sopravvive grazie alla tenacia di coltivatori che desiderano proteggere la biodiversità.
Negli anni Cinquanta in Italia si è cominciato ad importare il mais americano, giallo, resistente agli agenti atmosferici, con pannocchie molto lunghe e dai chicchi grandi, quindi molto più produttivo del mais autoctono, che da allora iniziò il suo declino. Si racconta che un contadino piemontese, scettico sulle decantate meraviglie del mais americano, abbia disposto a terra due mucchietti di mais, da una parte quello americano e dall’altra quello che lui stesso produceva, e che poi abbia aperto la porta del pollaio: le galline corsero verso il mais locale e lo divorarono in pochi istanti, mentre il mucchietto di mais americano rimaneva a terra intatto, a dimostrazione della superiore appetibilità del mais tipico del luogo. Nel corso degli anni sono stati “costruiti” mais ibridi sempre più produttivi, ma anche dotati di minori proprietà nutritive e organolettiche. Inoltre gli ibridi non si riproducono: questo significa che ogni anno le sementi vanno riacquistate da uno dei pochissimi produttori che ne fanno commercio, tre o quattro in tutto il mondo, ricavandone profitti elevatissimi. Business is business.
In Italia la regione Marche è tradizionalmente fra le maggiori consumatrici di polenta: chi non ricorda il vecchio detto “Marchigià, magna polenta”? Nel maceratese (a Treia, Castelraimondo, Camerino, Matelica, S. Severino, Pollenza) sono state avviate varie coltivazioni del mais “ottofile”; ad Arcevia addirittura si pensa di puntare sul pregiato cereale, di cui si intende chiedere la qualifica DOP, per rilanciare l’intero territorio: nella frazione Magnadorsa, grazie all’appoggio del Comune di Arcevia e della Pro Loco, l’azienda agricola Montalbini produce mais “ottofile”, da cui si ricava una farina, rigorosamente macinata a pietra secondo le antiche consuetudini, che serve per la preparazione di un cibo antico, la polenta, un tempo considerata alimento da poveri e oggi giustamente ritenuta una vivanda adatta anche al palato raffinato dei più esigenti buongustai.
Mais o Granoturco – Zea mays L.
Atlante delle coltivazioni erbacee – Cereali
Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Sotto famiglia: Andropogonoideae
Tribù: Maydeae
Specie: Zea mays L.
Altri nomi comuni: frumentone, grano d’India, melica, formentazzo
Francese: mais; Inglese: maize, Indian corn; Spagnolo: maiz; Tedesco: mais.
Ricerche in collaborazione con Tiziana Gubbiotti