Protestano i chirurghi che operano nelle Marche: bravi i pisani, ma ci siamo anche noi!

fotosala2Urbino – Riceve molti plausi ma solleva anche tante perplessità, l’intervento  eseguito venerdì 2 agosto dai chirurgi dell’università di Pisa all’Ospedale di Urbino. Chiamati dall’U.O della rianimazione urbinate hanno operato una donna che, in vacanza, a Frontone era in terapia intensiva dal 18 luglio per un ingrossamento repentino della tiroide. I plausi vanno alla professionalità del professore Gabriele Materazzi, direttore dell’unità endocrinologia dell’ospedale pisano e del suo collaboratore Carlo Enrico Ambrosoni che hanno operato la paziente fuori regione e gratuitamente; le critiche vanno invece alla carenza del sistema di comunicazione interna alla sanità marchigiana che ha ignorato le professionalità nelle Marche e creato un danno d’immagine ai chirurghi che lavorano nei suoi ospedali

«Come tutti – commenta il dottore Augusto Verzelli,  coordinatore per le Marche della Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (Acoi) – plausi ai colleghi pisani che si sono prestati gratuitamente per risolvere un problema clinico e fuori regione. Però, è d’obbligo rendere pubblico che nei nostri ospedali marchigiani esistono delle competenze analoghe sia in Asur che presso le aziende ospedaliere. Solo nelle province di Pesaro ed Ancona, la nostra associazione potrebbe  indicare almeno cinque chirurghi che avrebbero potuto operare la paziente. L’intervento – incalza – sta purtroppo evidenziando un problema di  comunicazione interna nella sanità regionale. Il  caso di Urbino è particolarmente emblematico: non solo non risulta da parte dell’ospedale ducale una richiesta di consultazione ma nemmeno una richiesta per un banale parere».

Il che, tenuto conto dello spirito dell’Acoi, è un vero e proprio paradosso. «La nostra associazione, da sempre – incalza il dottore Verzelli – si impegna per la formazione e per la messa in comune delle competenze chirurgiche onde proprio per migliorare la qualità ed evitare disagi e spostamenti dei pazienti. In questo caso, tra l’altro non particolarmente complesso, molti chirurghi delle Marche si sarebbero resi disponibile ad andare in Urbino».

La non pragmaticità dell’approccio dell’Av1 e di Urbino insomma avrebbe addirittura provocato un danno d’immagine professionale ai chirurghi delle Marche che, nel paesaggio della sanità italiana, sono al top per la chirurgia oncologica addominale microinvasiva e proprio nella chirurgia della tiroide.
Véronique Angeletti@Civetta.tv