2020 è anche l’anno dei rifiuti: a Gubbio, forse, un inceneritore e a Urbino, forse, un biodigestore

CatturaMentre lato Umbria, l’iter dei cementieri di Gubbio per ottenere l’autorizzazione a bruciare rifiuti nei cementifici procede, lato Marche, nasce l’ipotesi di costruire un biodigestore non sulla costa, a Fano, ma nel comprensorio di Urbino, a Canavaccio. Ovviamente, la riconversione parziale dei cementifici e il nuovo impianto saranno sottoposti a severissimi esami dal punto di visto ambientale ma, come al solito, verranno analizzati, considerati nella loro dimensione amministrativa, e non come parti di una stessa unità ambientale, ossia come parti dell’Appennino umbro marchigiano. Solo 39 chilometri separano le due località e considerando il cumulo degli impatti non sarebbe il caso di coinvolgere anche il Ministero dell’Ambiente?

Intanto, andiamo sul lato umbro. Oggi martedì 16 giugno, è stata confermata la richiesta in regione dei cementieri di Gubbio per parzialmente trasformare le cementerie eugubine in inceneritori e bruciare rifiuti. Un’attività che potrebbe essere inquadrata dal nuovo piano regionale dei rifiuti che la Giunta regionale prevede di far approvare entro il primo quadrimestro 2021.

La conferma è stata data durante il consiglio regionale dall’assessore all’ambiente Roberto Morroni mentre stava rispondendo, nella seduta di “question time”, ai consiglieri Pd Michele Bettarelli e Tommaso Bori (PD), al consigliere del Gruppo Misto Vincenzo Bianconi e al pentastellato Thomas De Luca.

«Le cementerie di Gubbio – ha dichiarato Moroni – hanno presentato richiesta di modifica delle autorizzazioni in loro possesso. Il servizio regionale competente ha chiesto di effettuare modifiche legate alla verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale. In ogni caso, entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza dovrà essere fornita una risposta tecnica, sentite Asl e l’Arpa».

Il che ha fatto immediatamente reagire il Sindaco di Gubbio. Esiste una mozione approvata a larga maggioranza dal Consiglio comunale, nella quale si riconferma una posizione di netta contrarietà all’ipotesi di incenerimento del CSS e della procedura di AIA semplificata.

«Ho chiesto alla presidente della Regione un incontro immediato – spiega il Sindaco Stirati – sottolineando in particolare i forti dubbi dal punto di vista giuridico-amministrativo generati dalla richiesta di AIA semplificata, che presenta tra l’altro anche il grave limite di escludere il nostro Comune e tutte le altre forme di rappresentanza associativa da ogni tipo di tavolo e da quella Conferenza dei servizi che noi, viceversa, riteniamo indispensabile. La grande mobilitazione dell’opinione pubblica e la grave urgenza del tema richiedono un rapido intervento e l’immediato coinvolgimento delle istituzioni regionali, che ho chiesto con forza e fermezza».

Estromissione nell’iter partecipativo che non esiste secondo l’assessore regionale Moroni. «Al procedimento di verifica – ha dichiarato – possono partecipare soggetti pubblici e privati, presentando osservazioni che gli Uffici sono tenuti a valutare. Il Comune potrà dunque intervenire nella Via ma anche nell’Aia, in ragione delle competenze in materia di edilizia e di salute pubblica. Non c’è quindi rischio che l’Amministrazione comunale venga estromessa dalle procedure».

Lato Marche, venerdì 12 giugno, in video conferenza i soci dell’Ata, l’assemblea territoriale d’ambito che si occupa anche della gestione integrata dei rifiuti, sono stati convocati dal presidente della Provincia (e dell’Ata) di Pesaro Urbino Giuseppe Paolini. Presenti i sindaci del territorio, le Unioni montane (Catria Nerone e Montelfeltro) ed i vertici di Marche Multiservizi spa, di Aset spa e di Aato.

«I servizi acqua, rifiuti e distribuzione gas – ha ricordato Paolini – sono disciplinati da norme comunitarie e nazionali e regolati attraverso Arera, l’autorità nazionale, che definisce le condizioni generali su tariffe, qualità e continuità, che trovano poi attuazione e applicazione a livello locale attraverso l’AATO per il servizio dei rifiuti e l’ATA per quello idrico. In questo scenario è necessario valutare le condizioni gestionali più idonee a produrre migliore qualità, innovazione e contenimento dei costi, a beneficio delle tariffe a carico dei cittadini e delle imprese». Ragione per cui sottolinea Paolini: «Una delle strade è verificare tutti insieme se è possibile arrivare a breve alla creazione di una società unica per la gestione dei servizi pubblici locali, che potrebbe portare a maggiori economie, con effetti positivi sulla gestione stessa, sul livello delle tariffe e sugli investimenti».

Ed è in questo quadro economico che s’inserisce il biodigestore perchè secondo il presidente della Provincia «l’impianto consentirà un grande risparmio, da tradurre in maggiori investimenti e contenimento delle tariffe».

Per i soci presenti, il luogo più adatto è Canavaccio in attesa che il Comune di Fano (sulla costa) renda noto l’esito dello studio di fattibilità sul proprio territorio.

Per i Comuni, ha riassunto Paolini «è necessario procedere presto alla realizzazione poiché non si può continuare a parlare di raccolta differenziata dell’organico e poi trasferirlo in altre regioni, così come non si può rischiare di perderà gli incentivi ad esso collegati».

Véronique Angeletti@Civetta.tv

Slow Food Urbino dice no al biodigestore

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