Il 5 luglio, un giorno troppo speciale…

cabernardiNon può essere un caso se l’inaugurazione domenica 5 luglio del Parco dello Zolfo di Cabernardi coincide con la fine dell’occupazione della miniera il 5 luglio 1952. Da quel giorno saranno passati 63 anni. Certo è una coincidenza legata all’agenda delle Istituzioni ma chi ha un legame con le miniere, chi ha sfidato le viscere della terra per estrarre zolfo, ferro o carbone, a Cabernardi, in Emilia, in Sicilia, in Francia o in Belgio, sa che le date non capitano a caso ma sono il frutto di un caos organizzato che fa riemergere il coraggio dei minatori. Di questa gente che nelle colline dell’entroterra anconetano e pesarese ha messo in moto una serie di azioni a difesa del proprio posto di lavoro che rimangono tuttora momenti fondamentali nella storia del movimento e della lotta operaia in Italia e non solo. “Un atto di fede  in un lavoro autentico, un atto di fede  di quelle facce sporche con la coscienza pulita, che avevano il coraggio di guardarsi negli occhi e di praticare la solidarietà”  aveva commentato Sergio Silvestrini, attuale  segretario nazionale della CNA. Con suo cugino, il professore dell’Università di Urbino Galliano Crinella, aveva organizzato nel 2011 una tavola rotonda sulla lotta dei 40 giorni dedicandola alla memoria del loro nonno Galliano Silvestrini, morto nella miniera di Cabernardi tanti lustri fa. Momenti di riflessioni pieni di memoria, di radici, di veri valori  dove si era di nuovo parlato del Parco. Di questo progetto a valenza didattica e turistica di recupero dell’area mineraria che il parroco Don Dario Marcucci aveva chiuso con un “finora tutti condividono che Cabernardi non deve morire ma star sempre in agonia vi assicuro non è bello per niente.” Il Parco oggi è realtà.

Véronique Angeletti

 

Per saperne di più …

Sono 176 i minatori rimasti nelle gallerie del 13° livello (a più di 500 metri di profondità), mentre altri 161 si fermavano nei cantieri all’esterno.
Allo scopo di prevenire un peggioramento della situazione, la Montecatini disponeva che venisse sospeso l’ingresso nelle miniere degli operai che, durante tutta la giornata, sostavano all’esterno, in un numero oscillante fra le 100 e le 700 unità.
La Montecatini inoltre, dopo aver deciso in un primo momento che agli operai scioperanti fosse negato ogni contatto con l’esterno, dalla mattina del 29 maggio autorizzava la somministrazione di viveri ai minatori in sosta all’interno della miniera e nelle adiacenze all’uscita della galleria.
Si consumava così una dura lotta fra la Montecatini, che continuava ad inviare lettere di licenziamento, giustificandole con l’esaurimento dello zolfo, e gli operai, convinti che nella zona la presenza di minerale fosse ancora notevole ma la società non voleva eseguire nuove rilevazioni.

Seguirono 40 giorni di occupazione
(ricordati anche nel documentario “Pane e Zolfo” di Gillo Pontecorvo), nel corso dei quali i “sepolti vivi” ricevevano il sostegno non solo degli occupanti all’esterno della miniera, ma anche dell’intera popolazione e delle autorità civili e religiose.
Dopo una lunga trattativa che prevedeva nuove ricerche nel territorio, pensionamenti anticipati e il trasferimento di parte degli operai in altri stabilimenti, il 5 luglio i minatori decidevano di tornare alla superficie.
I lavori ripresero ma il destino della miniera era oramai segnato. Gradualmente l’attività estrattiva veniva concentrata nel giacimento di Percozzone fino a quando, nel 1963, la Montecatini rinunciava definitivamente alla propria concessione.

Fonte

http://www.minieracabernardi.it

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