La mostra “Fabriano Industry Elements”

Fabriano – La mostra “Fabriano Industry Elements” racconta la storia dell’industria nel fabrianese dal 1200 ad oggi e .. oltre. Voluta dalla Confindustria del comprensorio di Fabriano in occasione della Conferenza Unesco delle città creative, l’evento mette in luce le sorprendenti invenzioni industriali ideate a Fabriano e la vocazione produttiva è impressa dal 1200 nello stemma della Città e nel DNA dei Fabrianesi.

Ecco alcune chiavi di lettura per leggere questa strepitosa mostra

Fabriano vanta una primissima rivoluzione industriale nel Medioevo, tra il XIII e il XV secolo.

Il centro urbano si caratterizza in modo quasi unico per la numerosa presenza di Arti, espressione dell’operosità e della creatività che portano alla grande invenzione; la carta occidentale.

Le varie corporazioni arricchiscono l’urbanistica del centro abitato con elementi tipologici e morfologici che identificano il carattere industriale della città.

Al sistema medioevale classico – piazza del Podestà, il potere politico, piazza della cattedrale, il potere religioso, piazza del mercato, il potere economico – si aggiungono le sedi delle corporazioni, poi delle attività artigianali e industriali.

Arti e corporazioni nel medioevo

Il primo atto che elenca e riconosce le Arti nella città è datato 1278.

A Fabriano si contano dodici corporazioni.

Nel 1326 dall’Arte dei lanaioli ha origine una nuova “corporazione”; i “cartai”.

Sembra un prodotto di nicchia, destinato ai pochi che sanno scrivere e “far di conto”, ma nel giro di pochi anni la “carta bambagina” diviene la più importante industria di Fabriano.

Fabbri

L’arte più antica, tanto che nell’arme cittadina figura proprio un fabbro che picchia sull’incudine sopra il fiume. Conosciuti per la maestria nella forgia e la qualità dell’acciaio, tra gli utensili prodotti sono famose le tenaglie di Fabriano, dette “chiappe” dal termine dialettale “chiappare”, tenere stretto.

Sul lato nord della piazza del mercato si trovava un lungo porticato di 53 colonne, costruito nel 1291 e 38 logge con altrettante fucine di fabbri. Dal numero delle botteghe dei fabbri è presumibile che vi sia stata una considerevole produzione di armi, corazze, strumenti da lavoro.

Cartai

Le cartiere si trovavano tutte fuori porta del Piano, lungo il tratto di fiume che dal Castello di Cancelli giunge fino a Fabriano. Secondo le fonti storiche nel medioevo le cartiere erano più di quaranta.

Dalla corrente del fiume si ricavava, con ruote e pulegge, energia idraulica pulita e rinnovabile. In ogni “gualchiera” lavoravano quattro o cinque persone, ognuna con la sua mansione, dal mastro, al posatore e a chi faceva la cernita degli stracci.

Dal secolo XIII in tutto il mondo si acquista e si chiede di “facere chartam ad usum fabrianensem”.

Lanaioli

Gli opifici erano dislocati in piazza del mercato, dove si trovava il purgo delle lane della pecora appenninica, antenata della pregiata razza fabrianese.

Altre lavorazioni di finitura e confezione e la potente Università dell’Arte si trovavano nei pressi dell’attuale piazza Amedeo di Savoia. Le botteghe fabrianesi animavano una fiorente attività producendo anche per l’esportazione. Di particolare pregio i tessuti di lana cotta, ovvero infeltrita nelle gualchiere con la battitura a maglio, dalla quale poi deriva il procedimento di pestaggio degli stracci con la pila a magli multipli per la produzione del famoso “pesto” di stracci per la carta a mano.

Guarnellai

Il bisnonno di Gentile da Fabriano, Massio di Venutolo era un tessitore di guarnelli ed apparteneva alla corporazione. La corporazione è quindi antichissima e di diretta derivazione dai lanaioli (come i cartai). I guarnellai producono tessuti di lana spessa e resistente tinti con colori di derivazione vegetale}. Ne uscivano panni che venivano poi utilizzati per confezionare abiti da lavoro specie per contadine e popolane.

Tintori

I tintori si trovavano sulla sponda sinistra del Giano, nel quartiere di San Nicolò. Esercitavano la loro arte vicino a quella della lana, per evidenti motivi logistici. I tintori dipendevano dalla produzione dei tessuti di lana, ma non solo, ed avevano una propria università ed un patronato nella chiesa di Sant’Onofrio anche detta Scala Santa. Nel medioevo non c’erano distinzioni di colore tra gli abiti dei nobili, dei ricchi e dei contadini, ma solo di tono. I colori accesi richiedevano processi di colorazione molto più costosi, mentre quelli con tinte vegetali erano meno costosi, ma con il tempo e il sole scolorivano. Per questo nobili e ricchi vestivano con colori accesi e brillanti, mentre contadini e popolani con colori che il tempo rendeva tenui.

Conciatori

L’industria delle pelli e delle pergamene è antichissima ed insieme a quella dei fabbri e della carta tra le maggiori di Fabriano. Le conce nel medioevo erano poste sulla sponda sinistra del fiume Giano, nella contrada che ne prende il nome.

L’albero dello scotano, che in autunno colora di rosso i versanti montani dell’Alta Valle dell’Esino, è ricco di tannini. La concia con lo scotano rende il cuoio e le pelli particolarmente morbide e pregiate, tanto che in passato in alcune regioni italiane, come nel Trentino, chiamavano “fabriane” le pelli lavorate con questo procedimento.

Calzolai, Sellari e Bastari

Dalle pelli dei bovini si ricavava un ottimo cuoio resistente e morbido, conciato con lo scotano e le galle della quercia. Ottimo per fabbricare scarpe, selle e finimenti. L’Ars Calcolariorum era tra le più ricche e rappresentative della città, tanto da possedere un proprio Hospitale nel portico costruito nel 1364 in piazza del Mercato dove è ancora visibile lo stemma della corporazione.

Le botteghe dei calzolai si trovavano principalmente nella parte iniziale della salita alla chiesa abbaziale di San Benedetto, oggi via Mamiani.

Sarti

In una città in cui nobili e ricchi mercanti cercavano il lusso nel vestire e dove c’era una fiorente produzione di stoffe di lana, l’arte dei sarti non può che essere assai florida.

Le botteghe dei sarti si concentravano lungo la via principale della città, l’attuale Corso della Repubblica. La via è ricavata tra i due originali Castelli, sopra il torrente chiamato Rio o Castellano, affluente di destra del fiume Giano. In particolare le botteghe si trovavano dopo il palazzo Comunis o del Podestà, all’altezza di Piazza dell’Olmo.

Cappellai

Nel Medioevo l’attività era fiorente ed aveva il suo patronato nella chiesa di San Giacomo Maggiore. La produzione artigianale di cappelli fabrianesi, sempre rinomata per l’altissima qualità delle materie prime e del prodotto finale, anche nel cappello del prete, arriva fino al XX secolo. Il cappello in passato, per le classi nobili, per i ricchi mercanti, ma anche per lavoranti, contadini o soldati, era un accessorio indispensabile specie se “follati”, ovvero infeltriti fino al punto da renderli impermeabili. Il tessuto così lavorato risultava molto resistente, caldo, morbido e solo su un lato veniva “garzato”.

Ceramisti e Vasai

La fabbricazione della ceramica (Ars vasariorum) a Fabriano è molto antica, e nel 1415 è ricordata tra quelle più importanti.

Le botteghe che producevano oggetti in ceramica, si trovavano nel tratto iniziale dell’odierna via Ramelli fino al piccolo Santuario della Madonna delle Grazie. La qualità della ceramica era determinata anche dalla bontà delle argille che provenivano da cave del territorio: Piaggia d’Olmo, Putido nei pressi della chiesa di Sant’Anna vicino al castello di Collamato. I “cocciari” (in fabrianese i vasi di terracotta vengono chiamati “cocce”) vendevano la loro merce nell’attuale Piazza Amedeo di Savoia, chiamata in passato “Piazza delle Cocce”.

Fabbricanti di coppi

I fabbricanti di tegole curve chiamate “coppi” avevano una loro corporazione distinta da quella dei vasai. Negli scavi archeologici effettuati nella vicina Gualdo Tadino si sono trovati coppi in terracotta intatti e pronti all’uso risalenti al VII – VIII secolo avanti Cristo. Sono insediamenti preromani, realizzati dalle popolazioni umbre che occupavano la valle del Giano. È plausibile quindi pensare che la realizzazione di questi manufatti sia antichissima anche sul versante orientale dell’Appennino umbro- marchigiano. Non si hanno notizie riguardo alla dislocazione delle fabbriche.

Fabbriche dal 1600 al XX secolo

Le Arti del medioevo continuano l’attività anche nei secoli a seguire, alcune arrivando fino agli anni ’50 e ’60 del millenovecento.

Dai lavori antichi se ne svilupparono altri creando un’economia circolare e diversificata.

Un sistema produttivo diverso da quello del “monoprodotto” che maturò nel secondo dopoguerra.

Fabbrica del Salnitro e della polvere da sparo

Posta sulla sponda destra del fiume, prossima al ponte della “Madonna delle Grazie” chiamato anche “ponte del salnitro”. L’opificio operò dal 1580 fino a tutto il 1770, servendo anche lo Stato Pontificio fornendo polvere da sparo per l’esercito papale.

Per la composizione della potente “polvere nera” si utilizzava la carbonella ricavata dalle piante di ginestra, mescolata con il nitrato di potassio (salnitro) e lo zolfo proveniente dalle cave del fabrianese.

Fabbrica degli utensili di rame

Introdotta nella città di Fabriano nel 1812, l’opificio del rame, rimase in funzione per quasi cinquanta anni vicino al Molino del ponte Massena a circa cinque chilometri dalla città. In questi opifici si producevano brocche, pentole, padelle, casseruole di tutte le qualità e dimensioni ed anche caldaie per vari usi, tra i quali la distilleria. Le caldaie più grandi avevano una capacità di circa quattrocento litri.

Fabbrica di gesso

Nel 1870 a Fabriano si contavano quattro fabbriche di polvere di gesso o scagliola, due erano ubicate in città e altre due si trovavano nella frazione di Marischio.

La pietra gessosa, fatta cuocere nei forni, era prelevata in prossimità di Marischio a Colle Battello e a Nebbiano in località Cipolletta e in alcuni punti fra Rapara e Camaiano. La raffinazione del gesso avviene con delle mole mosse ad acqua negli opifici all’interno della città, mentre nella località di Marischio, le mole vengono mosse dalla forza animale.

Fabbrica di Cremor tartaro

Fondata nel 1820 fuori dalla porta del piano, sulla via provinciale Clementina la fabbrica operò a pieno regime fino al 1852, anno in cui comincia un lento declino.

Il Cremor tartaro, è un sale di potassio dell’acido tartarico, esattamente bitartrato di potassio. A temperatura ambiente si presenta come un solido di colore bianco e inodore. Viene usato in associazione al bicarbonato di sodio come lievito chimico. L’opificio fabrianese ricavava il sale di potassio dalla “gruma” che è un’incrostazione lasciata dal vino sulle pareti interne delle botti.

Fabbrica di colla forte o garavella

Si ha notizia di una fabbrica di colla già dal 1700, all’interno della città presso il ponte di Ciccopico sul fiume Giano. Un altro opificio venne inaugurato nel 1805.

Come nell’antica tradizione Fabrianese questa colla viene totalmente ricavata dal carniccio animale tolto dalle pelli nelle operazioni di conciatura. In queste fabbriche si produceva anche quella particolare colla volgarmente detta “a bocca” utilizzata per gli usi di cancelleria e per attaccare i francobolli sulla corrispondenza.

Fabbrica di sebo

L’opificio venne inaugurato nel 1840. Era annesso alle concerie ed utilizzava il grasso animale che veniva scartato nelle lavorazioni delle pelli. La produzione del “sego purgato” veniva poi venduto alle fabbriche di sapone.

Fabbriche di pasta

All’inizio del 1800 sono presenti a Fabriano ben sette opifici che producono pasta di grano duro e all’uovo. La produzione, con una lavorazione completamente a mano, offriva un’ampia varietà di prodotti come: bavette, boccolotti, cappellini, fettuccine, lasagne, lumache, maccheroni, mezzi maccheroni, occhi di pernice, semine, spaghetti, stelline e vermicelli. Per la produzione della pasta si utilizzava la farina di grano, il farro, le uova e per alcune tipologie di prodotto la radice di curcuma proveniente dall’India per colorare e purificare il prodotto.

Fabbriche di liquori

Una delle più importanti fabbriche di liquori a Fabriano è quella di Pasquale Montini fondata tra il 1854 e il 1863. nell’opificio si produceva birra, gassosa, vermut, sciroppi e liquori di vario tipo e si trovava lungo la via Cesare Balbo in una bella architettura eclettica ancora oggi visibile. La fabbrica in pochi anni ottenne grandi successi economici e molti riconoscimenti in esposizioni nazionali ed estere.

Quando il vecchio teatro “Camurio” prese fuoco, Montini contribuì a sue spese a costruire, il piccolo omonimo teatro.

Fabbrica di carte da gioco

La fabbrica venne fondata da Lodovico Perozzi nel 1857 ed ottenne regolare autorizzazione nella produzione di carte da gioco nel 1859 del governo pontificio, nel 1863 l’autorizzazione venne concessa anche dalla Direzione del Demanio di Ancona. Le carte da gioco prodotte erano di ottima qualità, tanto da ottenere menzioni onorevoli nell’esposizione agricola e artistica di Ancona del 1869.

Cartiere

Nel 1873 a Fabriano operano sette cartiere, quattro di queste di Giuseppe Miliani con la denominazione “Pietro Miliani” fondatore nel 1782. Assumono dimensioni e forma di un opificio industriale.

Non sono ancora la moderna cartiera concepita da Giambattista Miliani, imprenditore di ampie vedute e capacità, protagonista fabrianese di quella che è considerata, a livello mondiale, la seconda rivoluzione industriale.

Industrie metalmeccaniche

La capacità tecnica e le tecnologie sviluppate per le macchine e le produzioni secolari, fanno nascere a Fabriano intorno al ‘900 l’industria metalmeccanica. Una nuova industria che ha guardato ancora una volta avanti.

Le intuizioni e l’intraprendenza di Aristide Merloni hanno avviato un distretto tra i più importanti per la produzione prima di bombole, poi di elettrodomestici che hanno assecondato le epoche portando nuova crescita e conoscenza.