Collamato ricorda l’illustre Antonio Latini

targa collamatoFabriano – Collamato ricorda Antonio Latini (1642–1696), passato alla storia come grande codificatore della cucina italiana o meglio come scalco, maestro cioè nell’arte del preparare, apparecchiare e servire le grandi e nobili mense, una delle maggiori dignità delle corti del tempo.
La città lo ricorda con l’intitolazione di una targa e dell’area verde della frazione. L’appuntamento è per oggi alle ore 15,30. Il programma prevede, dopo la cerimonia istituzionale alla presenza del Sindaco Sagramola, il convegno dedicato a Latini con inizio alle ore 16. Tra i relatori il professor Aldo Crialesi e il dottor Piero Guidarelli.inaugurazione_targa_latiniDEF
Alle ore 18,30 Fabriano Dal Basso accompagnerà la cittadinanza alla scoperta del Castello di Collamato. Alle ore 20 la conclusione con un momento conviviale.

Per approfondire…

Antonio Latini era nato il 26 maggio 1642 a Collamato, splendido castello del Comune di Fabriano, posto in magnifica posizione a 500 metri d’altezza. Suo padre Benedetto era un uomo di grande onestà ma povero in canna, figlio di Latino, un celeberrimo giocatore di ruzzola (gioco tuttora e largamente praticato in tutta la regione), pallamaglio e pallone.
Il piccolo Antonio rimase orfano a cinque anni insieme ad un fratello più piccolo, costretto a chiedere l’elemosina, senza una famiglia né una casa dove andare. Le sventure giovanili del Latini terminarono nel 1657 quando fu notato dal nobile Giambattista Razzanti, capo di una delle più potenti e ricche famiglie matelicesi. Scalco
Saputo infatti che era il nipote del noto campione di ruzzola, del quale pare fosse stato untifoso, lo prese a servizio nel suo palazzo. Qui, da Don Ottaviano Razzanti, illustre membro della nobile famiglia, figura di spicco a Roma e sacerdote della Congregazione di San Filippo Neri (nel 1642 aveva fondato il primo nucleo del convento matelicese dei Filippini), imparò a leggere e scrivere, apprendendo inoltre i primi rudimenti nell’arte di cucinare ed apparecchiare. In breve tempo poi, grazie alla sua vivace intelligenza, l’ormai quindicenne Antonio ottenne subito i primi incarichi di prestigio tra il personale di servizio, divenendo in breve un «cocco di casa». Malgrado ciò per uno spirito indomito come il suo, tale condizione non bastava affatto e, preso dalla noia della routine quotidiana, nel 1658 scappò dagli agi di casa Razzanti e da Matelica diretto a Roma. Sempre grazie alle sue eccezionali doti, agli apprendimenti ricevuti a Matelica ed alla sua smodata ambizione, nel giro di pochi mesi emerse all’interno della numerosa cerchia di servitori: da aiuto cuoco divenne guardarobiere e quindi aiutante di camera, imparando qui – dicono i suoi pochi biografi – i «primi elementi di scalcheria, a tirar di spada, a maneggiar l’insegna e la picca». Nel 1694 pubblicò un trattato di arte culinaria intitolato «Lo Scalco alla moderna» («overo/ l’arte di ben disporre i conviti,/ Con le regole più scelte di Scalcheria, insegnate, e poste in prattica, à beneficio de’ Professori, ed altri Studiosi,/del Cavalier/ Antonio Latini/ da Colle Amato di Fabriano,/ nella Marca d’Ancona,/ Essercitato nel Servigio di Varii Porporati,/e Prencipi Grandi»).

Breve biografia tratta da “Il vagabondo che divenne Primo Scalco” di Matteo Parrini

 

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