Banco Veneto si prepara alla quotazione in borsa e fa crollare le sue azioni

Veneto BancaPanico. Tuonano in tanti. Soprattutto nel nostro comprensorio dove, con lacrime e sangue, è stato accettato il passaggio della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, quella di casa, ai Veneti. Il cda di Veneto Banca ha fissato il valore unitario di liquidazione delle azioni ordinarie della banca in 7 euro e 30 centesimi. La decisione – è stata comunicata nella tarda serata di mercoledì – ha fatto perdere alle azioni ordinarie il 76% del loro valore. L’altro ieri valevano 30,50 euro e lo scorso aprile addirittura 39,50. Due bei crolli che, se si sommano, hanno causato a chi aveva azioni Veneto Banca una perdita in nove mesi pari al 81,5% del valore investito.

C’è chi ovviamente lo aveva previsto. Lo aveva detto e pure strillato. Si pensa a quei due miliardi di euro ai danni degli azionisti ed obbligazionisti di Banca Marche, Cariferrara, Carichieti e della Popolare Etruria. All’impoverimento delle Fondazioni delle Casse di Risparmio di Macerata, Pesaro e Jesi (e adesso il pericolo incomberebbe anche su quella di Fabriano). “In una giornata il valore delle azioni della Fondazione – tuona Roberto Sorci, l’ex sindaco di Fabriano – da 17 milioni è sceso a 4. In un comprensorio in piena crisi economica perdere così tanti soldi è un dispiacere“. Salvo che questo valore, quello di 7,30 euro, è un valore virtuale, teorico che servirà forse come valore di riferimento per la futura quotazione in Borsa che si perfezionerebbe a primavera prossima. Non solo. La nuova quotazione è anche il  punto fermo sul quale s’impernia l’assemblea convocata in via Jacopo Gasparini, 71 a Venegazzù di Volpago del Montello in provincia di Treviso il 19 dicembre prossimo alle ore 9. L’assemblea che dovrà votare per la trasformazione di Veneto Banca società cooperativa per azioni in una spa.  E il crollo di rivelarsi un crollo controllato.

Pertanto affrontiamo il caso comunicati alla mano e con passato e futuro ben in mente.

BorsaNel comunicato diramato mercoledì 2 dicembre dall’istituto di Montebelluna si legge : “Il consiglio di amministrazione di Veneto Banca, riunito sotto la presidenza di Pierluigi Bolla in vista della prossima assemblea, nella quale i soci saranno chiamati a pronunciarsi in merito alla proposta di trasformazione dell’istituto in società per azioni e al conferimento della delega al cda per un aumento di capitale da offrirsi ai soci per un miliardo di euro, ha assunto alcune deliberazioni relative in particolare al valore di liquidazione delle azioni e alle limitazioni di rimborso ai fini dell’esercizio del diritto di recesso dei soci che non concorreranno alla deliberazione di trasformazione in società per azioni. Il cda ha quindi deliberato in 7,3 euro il valore unitario di liquidazione delle azioni ordinarie della banca e la limitazione in tutto e senza limiti di tempo del rimborso delle azioni con fondi propri della banca“.

Il che significa che questo prezzo, questo crollo, è quello che si chiama il prezzo di recesso per i soci che non intendono aderire alla trasformazione della “Veneto banca società cooperativa per azioni” in “Veneto Banca società per azioni”. Ed il perché è semplice: Veneto Banca, tuttora, non è quotata in borsa. Una sorte che divide con altre nove banche popolari italiane costrette a diventare Società per Azioni (Spa) dal governo Renzi. Pertanto facendo crollare il prezzo delle azioni, la banca può avvalersi di una speciale autorizzazione della Banca d’Italia con la quale può sospendere a sua discrezione (ad libitum) il diritto di recesso dei soci e la vendita delle loro azioni. Così facendo evita innanzitutto il rischio di vedere diminuire il suo capitale sociale e, di conseguenza, il rischio di non rispondere più  ai requisiti patrimoniali richiesti proprio per la quotazione in borsa.

Borsa 2Certo non è facile spiegare agli azionisti che il loro patrimonio vale 81,5% in meno e soprattutto che non possono vendere per il momento le loro azioni. Anche se queste azioni in verità non erano facili da vendere sul mercato. Era spesso la banca che comprava dai suoi soci-cedenti, le sue proprie azioni. Ed è questo preciso problema che il governo cerca di risolvere imponendo la quotazione in borsa. Quotazione che, nel caso di Banco Veneto, sarà anticipata da un aumento di capitale, il secondo, di un miliardo di euro.

Un aumento comunque obbligato. Imposto dai limiti di sicurezza del 10%  sul rapporto tra il capitale e i rischi assunti – Banco Veneto è all’8,1% – per allinearsi alle norme europee. Un rapporto diciamo “stringato” che non è altro che il risultato dell’azione dei finanzieri nella sede centrale che hanno fatto salire Banco Veneto pochi mesi fa agli onori della cronaca. Vicissitudini che hanno messo i bilanci della banca sotto la lente di controllo degli ispettori della banca Centrale Europea che intervenendo hanno svalutato i crediti concessi ed imposto accantonamenti, provocando un rosso di circa 200 milioni, modificato il ratio d’equilibrio e dunque costretto la società alla ricapitalizzazione.
Pertanto, si è in attesa dei risultati dell’assemblea convocata dalla banca di Montebelluna per il 19 dicembre. Se darà o meno il consenso alla trasformazione da cooperativa in spa e conferirà la delega al board per un aumento di capitale da un miliardo di euro. Poi, toccherà al mercato decidere in primavera quale sarà il valore delle sue azioni. Quanto all’azionista dire che piange non ha senso ma è pur vero che vive con il cuore in gola, per non dire altro.
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