Una culla termica per accogliere i neonati abbandonati

Fabriano – La speranza è che rimanga vuota. Ma nel caso non lo rimanesse, anche fosse per una volta sola, si verificherebbe tutta la sua importanza. È la culla per la vita che esiste, funziona e è appena inaugurata. Una culla riscaldata, che abbraccerà il neonato  e lo proteggerà fino all’arrivo del personale medico.
Nonostante la legge italiana preveda il diritto per le donne di partorire in anonimato, di essere assistite in ospedale e di non essere perseguite se non riconoscono il figlio, e dunque garanzie, troppi i casi di abbandono neonatale con conseguenze terribili per i piccoli. Ragione per cui non a caso il giorno di San Nicolò, santo all’origine del leggendario Santa Claus, odierno Babbo Natale, il 6 dicembre 2006, al Policlinico Casilino di Roma si è attivato un presidio che, come le antiche “ruote”, fornisce assistenza e soccorso ai neonati abbandonati.

Una drammatica realtà di cui, nonostante indagini e statistiche, in un paese europeo e moderno come la nostra Italia, non si riesce a quantificare il fenomeno con la dovuta precisione. Ragione per cui anche il Ministero della Salute con proprio la Società Italiana di Neonatologia (SIN), quella stessa che ha stabilito il criterio dei 500 parti per i reparti maternità dei nosocomi e messo in crisi gli ospedali delle Marche, si sta occupando per studiare con le Istituzioni, le fondazioni, le associazioni, nuovi strumenti e metodi più efficaci per prevenire gli abbandoni in condizioni di rischio.

 Le culle della Ninna Ho, Fondazione Francesca RavaSolo tra luglio 2013 e luglio 2014, in Italia, sono stati abbandonati 56 neonati su 80.060 nascite. Un  0,07% crudele su cui si focalizza tutta l’attenzione. I dati sono il frutto di un’indagine scientifica promossa ed effettuata dal Sin in collaborazione con Ninna Ho. Un progetto a tutela dell’infanzia abbandonata promossa dalla Fondazione Francesca Rava N.Ph. Italia Onlus e dal network Kpmg che parte da un’indagine conoscitiva attraverso un questionario con 22 domande che è stato inviato ogni tre mesi al personale di 100 punti nascita per un anno.

Nel rapporto finale, per chi vuole i dati completi leggere qui, emerge il profilo della mamma che non riconosce suo figlio e che riguarda in maggioranza donne immigrate. Italiane però sono il 37,5%. La maggior parte proviene dall’Est Europa, poi dall’Africa. C’è un’alta presenza di giovani nella fascia d’età 18-30  e il 12,5% ha meno di 18 anni. Quasi una donna su due non è sposata né convivente e poche hanno un lavoro. Per quanto riguarda il livello di istruzione, un terzo delle madri ha una scolarità medio-bassa (licenza elementare o di scuola media inferiore), un quinto ha un diploma di scuola media superiore, mentre l’1,8% è laureata. I motivi dell’abbandono sono il disagio psichico e sociale, seguito dalla paura di perdere il lavoro o più in generale dai problemi economici, di essere espulse o di dover crescere un figlio da sole in un Paese straniero è un motivo scatenante per le donne immigrate; segue la coercizione; la giovane età; la solitudine e la violenza.

Ma l’utilità di questo questionario consiste proprio nell’individuare metodi che i neonatologi reputano più efficaci per prevenire gli abbandoni in condizioni di rischio. Ossia la necessità di assicurare sostegno e assistenza alle donne rafforzando le politiche per la famiglia e per l’infanzia; favorendo una maggiore integrazione e collaborazione tra attività ospedaliera e territoriale; assicurando una migliore presa in carico della madre e del bambino da parte di Consultori e Servizi sociali.

I neonatologi suggeriscono di creare più strutture di accoglienza madre-bambino, e dunque la necessità di agevolare il lavoro integrato tra Servizi Sociali, Ospedalieri e Tribunale per i Minori. La necessità di informare sulla legge che consente di partorire in anonimato e l’ascolto. Un ascolto attivo, inteso come empatia, assenza totale di giudizio, comprensione.

Véronique Angeletti@riproduzione riservata

Foto di Daniele Gattucci

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