Istituto Bruno Leoni : il caso Italia e la globalizzazione

Istituto Bruno LeoniIl caso Italia Secondo lo Studio Bruno Leoni, l’Italia si caratterizza come un Paese relativamente aperto alla globalizzazione, che tuttavia presenta ancora notevoli margini di miglioramento.

Il punto di forza del nostro Paese viene indicato nella elevata permeabilità al commercio internazionale di beni: l’interscambio italiano infatti è cresciuto da circa il 41% del PIL nel 1994 al 57% nel 2015​, addirittura superando il picco pre-crisi del 2006 (55%)​. Dove l’Italia appare invece indietro rispetto ai principali competitor è sul fronte degli investimenti diretti esteri: con rare eccezioni, il flusso di FDI (Investimenti Esteri Diretti) dal 1994 al 2015 si è attestato intorno all’1% del PIL​. Anche in relazione alla connettività, il nostro Paese ottiene buoni risultati pur scontando alcuni ritardi legati principalmente al digital divide tra il Nord e il Sud.

Lo Studio evidenza alcuni oggettivi vantaggi competitivi dell’Italia rispetto ad altre Nazioni con economie paragonabili: la favorevole posizione geografica​, le professionalità e la tradizione manifatturiera​, e un tessuto imprenditoriale dinamico​.

Con la crisi economica la tendenza alla globalizzazione registrata dall’Italia negli anni ha segnato un rallentamento, nonostante la performance record dell’export italiano negli ultimi anni.

Lo Studio odierno individua alcune correlazioni importanti tra livello di globalizzazione e fattori che contribuiscono alla ricchezza, allo sviluppo e al benessere delle economie. Innanzitutto più un Paese è “aperto” più è cresciuto negli anni il PIL pro capite​. Con le dovute eccezioni in generale sono i Paesi più poveri, che cioè partivano molto distanziati dalle economie sviluppate, ad aver registrato le crescite più significative del potere d’acquisto dei propri cittadini.

La Ricerca individua anche un rapporto tra globalizzazione e disoccupazione, tanto quella generale quanto quella giovanile e femminile.​ Nonostante il disaccoppiamento dei due indicatori durante la crisi economica globale, si è registrata una ripresa più rapida dell’occupazione in corrispondenza della ripartenza degli scambi internazionali, con maggior vigore proprio nei Paesi che occupano le posizioni più alte nell’Indice.

Infine, i Paesi più esposti alla globalizzazione tendono ad avere meno diseguaglianze interne​, un più elevato indice di Gender Parity nel tasso di scolarizzazione per la fascia di età 15-24 anni e minori livelli di inquinamento.

Le aziende manifatturiere “campioni” di globalizzazione

Un aspetto interessante dello Studio consiste nell’evidenza che i Paesi con una maggiore presenza manifatturiera tendono ad essere più aperti agli scambi globali​. Questo dipende verosimilmente da due aspetti: il primo riguarda la natura stessa del settore manifatturiero, cioè il fenomeno di integrazione globale delle catene del valore​.

I processi e la specializzazione produttiva sono ormai tali da aver raggiunto un elevato livello di internazionalizzazione che obbliga l’industria manifatturiera a cercare assetti organizzativi globali. Il secondo aspetto riguarda la più facile circolabilità dei prodotti manifatturieri rispetto ai servizi.

Per le caratteristiche produttive e per l’elevata intensità di capitale che contraddistinguono la moderna “fabbrica”, l’industria manifatturiera ha una vocazione naturale verso l’internazionalizzazione. In questa prospettiva, è particolarmente interessante il ruolo che giocano le imprese multinazionali​, considerando che le aziende di maggiori dimensioni e più internazionalizzate tendono a generare occupazione più stabile e meglio remunerata​. Già oggi rappresentano il 33% del PIL nazionale e occupano circa 1 milione di persone​, pari al 4,5% dell’occupazione totale (ICE, 2016). Nella sola Lombardia sono poco meno di 6.400 aziende a partecipazione estera che generano ricavi per oltre 257 miliardi di euro e danno lavoro a oltre 570 mila dipendenti (Camera di Commercio di Milano, 2017). Le multinazionali quindi creano un valore tangibile molto rilevante ma allo stesso tempo sono l’esempio più evidente – sia per la loro organizzazione interna, sia per le scelte che compiono rispetto ai propri fornitori – di integrazione globale delle catene del valore. Esse contribuiscono inoltre a portare nei Paesi in cui si stabiliscono una vera e propria cultura dell’apertura, sono un veicolo di diffusione della conoscenza e di trasferimento tecnologico, rappresentano un importante volano di innovazione.

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Indice Globalizzazione_IBL (1)