Il misterioso bosco d’abete bianco sul Monte Maggio

17474343_1342635285782494_1968211260_oFabriano- Qualche tempo fa, lungo il boscoso e selvaggio versante nordorientale del Monte Maggio, in località “La Bolfa” (toponimo forse derivato dal germanico wulfa, ‘lupo’), nei pressi di “Valmare”, ho rilevato la presenza (tra gli 800 ed i 900 metri di quota, all’interno d’un bosco di latifoglie mesofile, costituito, in prevalenza, da Carpinus betulus [di dimensioni ragguardevoli!], Fraxinus excelsior, Ulmus glabra e Fagus sylvatica) di sette (7) grandi esemplari (20 metri d’altezza ca.) d’abete bianco (Abies alba Mill.), insieme ad un individuo secco, della medesima specie, caduto a terra.

Ho, inoltre, riscontrato come, nel sottobosco, vi sia una rinnovazione d’entità eccezionale: centinaia di nuove piante, mostranti, tutte, grande rigoglio vegetativo. Dall’altra parte della valle, su di un’erta pendice, completamente boscata, ed estendentesi fino ad un’altitudine di circa 1000 m s.l.m., ho rilevato, ancora, la presenza di tre (3) grandi e svettanti abeti, che s’elevano, notevolmente, 17431792_1342635525782470_322820185_odalla volta del bosco sottostante.

La tradizione orale popolare dei luoghi circonvicini (Gualdo Tadino, Fossato di Vico e Cancelli) parrebbe, tuttavia, non serbare memoria alcuna d’una piantagione d’abeti bianchi nella zona.

L’assenza di notizie documentarie scritte e di tradizione orale circa questa formazione forestale, unita alla disposizione tutt’affatto casuale degli alberi sul terreno e, soprattutto, al vigoroso rinnovo mostrato dalla specie, mi porta a ritenere assai probabile, in via di mera e prima ipotesi, l’indigenato della medesima popolazione, forse relitta, di Abies alba, anche se, per affermare questo, con assoluta certezza, resterebbero da eseguire le verifiche genetiche del caso e studi specifici sui licheni delle cortecce.

C’è chi pensa, tuttavia, che tali abeti siano stati piantati, in epoca 17431586_1342635422449147_329966842_oimprecisata, da parte dei monaci della sottostante abbazia di Santa Maria d’Appennino, oppure, più plausibilmente, da essi salvaguardati e propagati, partendo da una preesistente, originaria, ma già relitta, colonia di abeti… Sia come sia, quei due rari, preziosi e misteriosi nuclei boschivi andrebbero, senza dubbio alcuno, molto meglio studiati e valorizzati di quanto non lo siano stati fino ad ora.

Se, infatti, essi si sono salvati dall’estinzione, avvenuta, invece, lungo le pendici di tutte le altre montagne circonvicine, questo si è, probabilmente, verificato, per la casuale coincidenza di tutta una serie di circostanze storiche e di fattori pedo-climatici favorevoli, come la presenza d’un’importante abbazia benedettina e, molti secoli dopo, dell’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, gestrice dell’area boscata in esame.

Infine, ma non in ultimo, la presenza, attenta, costante e sapiente, sul territorio, della 17430989_1342635519115804_1741829254_oStazione del Corpo Forestale dello Stato di Fabriano, comandata, attualmente, dal valente Brigadiere Capo Ciro Bertellini, sta assicurando, pienamente, la custodia e la vigilanza di questa e di altre emergenze naturalistiche ed ambientali di primissimo piano. Ringrazio sentitamente il naturalista Jacopo Angelini, delegato WWF Italia per la regione Marche, d’avermi concesso di riprodurre le sue belle e significative immagini dell’abetina del Monte Maggio.

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Foto di Jacopo Angelini

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