Quando si perde un figlio non si smette di essere genitori

Mattia e sua mamma
Frontone – Mattia, c’è. Mattia Orlandi, il quindicenne che perse la vita un anno fa nella notte dal 7 all’8 dicembre con altri cinque ragazzi ed una mamma nella tragedia della Lanterna Azzurra di Corinaldo, è vivo. È nel cuore della sua mamma, Mara Paterniani, e in quello del suo babbo, Giuseppe Orlandi, che non riescono a rassegnarsi alla sua assenza e a vivere senza di lui. Perché quando si perde un figlio, non si smette di essere genitori.

«Ogni giorno ci concentriamo sul nostro lavoro – raccontano – ma basta che si liberi un piccolo spazio nella nostra mente e crolliamo. È il nostro primo pensiero quando ci alziamo e l’ultimo prima di addormentarci. Il dolore che abbiamo dentro ci accompagnerà fino alla fine dei nostri giorni». Vivono l’amara consapevolezza che perdere un figlio è dover imparare a vivere in un mondo dove manca una parte di sé.«Non esiste – proseguono – una parola che può far capire e sentire lo strazio che abbiamo dentro. Un dolore che non si può descrivere né tanto meno esternare. Purtroppo la tragedia che ci ha colpiti è talmente assurda che non trovi spiegazione. Certo, a tutt’oggi sappiamo chi sono i responsabili di quanto avvenuto ma, giorno dopo giorno, il pensiero dell’accaduto ci sta logorando e le nostre domande e il nostro pensiero rimangono fissi. Qual è stato il motivo? Come è stato possibile? Perché siamo rimasti vittime di responsabilità altrui?»

Domande e stati d’animo a cui non può dare sollievo nessuna frase e nemmeno il silenzio che amplifica la spietatezza e la crudeltà della vicenda. «Siamo stanchi. Noi volevamo soltanto continuare a vivere insieme a nostro figlio. Ci siamo sempre comportati bene, non abbiamo mai creato problemi, a nessuno. Eravamo una famiglia serena e felice e poi, all’improvviso, ti crolla il mondo addosso. Speriamo solo che tutta la verità venga fuori, chi ha commesso dei reati paghi e che sia un esempio per tutti. Non si può speculare sulla vita degli altri, peggio ancora se sono dei ragazzi, dei minori».

Il 4 novembre, giorno del compleanno di Mattia, a sorpresa, sono venuti tutti i suoi compagni di squadra, amici di scuola e di pallone dell’Asd Junior pergolese. «Ricordarlo con tutti i suoi amici, ci ha fatto piacere. È stata una giornata non facile ma parlare con loro di nostro figlio, ragazzo stupendo, fantastico, unico, che tuttora lo è, era importante».

Ringraziano dell’efficacia delle indagini, del lavoro delle forze dell’ordine, della Procura. «Mi auguro – incalza Giuseppe – che le coscienze di alcuni vengano scalfite e demolite dal rimorso e dal rammarico di quanto avvenuto. È il pensiero che mi perseguita. I colpevoli devono capire l’enorme errore e l’immenso dolore che hanno provocato. Vengano giudicati nelle competenti sedi in maniera corretta e esemplare. La nostra comunità ha bisogno di persone corrette, di gente seria, che veramente creda negli ideali, nei valori e nell’educazione e soprattutto abbia rispetto per gli altri. Questa è la mia indignazione ma anche la mia testimonianza».
Véronique Angeletti@civetta.tv

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