L’eccidio sul Monte Sant’Angelo, le radici del 25 aprile

Arcevia_eccidio_1944_Monte_S.AngeloArcevia_eccidio_1944_Monte_S.Angelo 2Il 25 aprile si festeggia non solo la liberazione dell’Italia dall’oppressione nazifascista, una liberazione che poneva fine ad una guerra lunga e terribile, costata milioni di vite umane e la devastazione di città e campagne lungo tutto il territorio nazionale, ma anche una vera e propria rinascita morale del Paese che da quel giorno – 25 aprile 1945 – cominciò a gettare le basi per il suo futuro democratico. Una libertà conquistata con grande spargimento di sangue e inaudite sofferenze, una libertà di cui gran parte del merito va ascritto alla Resistenza, ai partigiani – uomini, donne e perfino ragazzi di ogni ceto sociale, età, colore politico, religione -, che con coraggio e determinazione scelsero di impegnarsi, rischiando e spesso perdendo la vita, per riscattare il proprio Paese e la propria gente. La storia partigiana è fatta di tanti episodi straordinari, eroici e drammatici, alcuni più dolorosi e strazianti di altri: l’eccidio di Monte Sant’Angelo è uno di questi.

4 maggio 1945: commemorazione del 1° anniversario dell’eccidio di Monte Sant’ Angelo

Dopo l’armistizio di Cassibile, firmato da Badoglio l’8 settembre 1943, l’esercito italiano è allo sbando, e i bandi di lavoro e arruolamento forzato, unitamente alla stanchezza per una guerra disastrosa e insensata, spingono molti – anche civili -, ad organizzarsi in movimenti di resistenza per combattere contro i fascisti e i nazisti e per porre fine al conflitto. Come ricordava anni dopo Piero Calamandrei “Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”. Si cominciò a “salire in montagna”, fra i boschi, dove era più difficile essere individuati dai nemici ma più facile coordinarsi per combattere una guerra impari. Arcevia è terra di montagne, qui confluirono antifascisti, prigionieri jugoslavi fuggiti dal campo di concentramento di Arezzo, perseguitati politici e comuni cittadini disgustati dal protrarsi della guerra, appoggiati dalla popolazione locale da cui vennero ospitati e aiutati in ogni modo con spirito di solidarietà e sacrificio. Fra il gennaio e l’aprile del 1944 i gruppi partigiani misero a segno numerose azioni di combattimento che consentirono la liberazione del territorio del comune di Arcevia e portarono alla cattura di alcuni prigionieri fascisti. Nella notte fra il 3 e il 4 maggio i repubblichini e i tedeschi decisero di reagire con un imponente accerchiamento della zona di Monte Sant’Angelo – si parla di circa 2000 soldati con mezzi corazzati – , dove era rimasto un gruppo di partigiani con i prigionieri. Fu una strage. Fra i morti molti combattenti per la Resistenza, i prigionieri fascisti e la famiglia Mazzarini, sette persone compresa una bimba, Palmina, di appena 6 anni, colpevoli di avere dato ospitalità ai partigiani. Un episodio di cieca ferocia, di violenza dissennata, nel quadro di una guerra altrettanto brutale e altrettanto folle, da cui trarre l’insegnamento – troppo spesso dimenticato – pronunciato da Albert Einstein: “La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”. Arcevia_Eccidio2017_Brochure

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Ad Arcevia la festa della Liberazione si celebra anche così:

http://www.civetta.tv/2017/04/24/27229/

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