Cesena celebra con una mostra i 400 anni del Sassoferrato

Cesena celebra il quarto centenario della nascita di Giovan Battista Salvi, detto il Sassoferrato, dedicandogli una bella mostra allestita nelle sale della Pinacoteca Comunale a Palazzo del Ridotto. Rimarrà aperta, con ingresso gratuito, fino al 25 ottobre e costituisce un’ottima occasione per avvicinarsi a questo artista seicentesco per il quale si sprecano le definizioni, ma che gode di scarsa notorietà presso il grande pubblico. Pittore della nostalgia, delle Madonne, della ripetizione, dei santini, ma anche pittore-labirinto, come l’ha definito Massimo Pulini nel suo saggio pubblicato nel catalogo della mostra, saggio che si apre con un’azzeccata citazione da Jannis Kounellis che riportiamo a nostra volta: “Due sono i soggetti di un pittore: una Madonna col Bambino e una nuova lingua per rappresentarla”. E di Madonne, con o senza Bambino, è ricca l’esposizione il cui nucleo è composto da cinque dipinti conservati nella Pinacoteca stessa. Si può quasi fare il gioco di individuare le minime differenze che distinguono le varie Marie.sassoferrato_faenza Ma forse è bene iniziare il percorso dall’enigmatico autoritratto in prestito dagli Uffizi e ammirare l’intenso azzurro “Sassoferrato”, per riprendere la denominazione proposta dallo stesso Pulini. sassoferrato_autoritrattoÈ il colore della limpidezza e non dev’essere un caso che il pittore abbia scelto per lo sfondo al proprio ritratto il colore per eccellenza della Madonna. Dicevamo pittore poco noto al grande pubblico, ma il Sassoferrato rimane in gran parte misterioso anche per gli storici dell’arte che possono contare su pochissimi dati per ricostruirne biografia e carriera. Al visitatore, tuttavia, non può sfuggire l’atmosfera rarefatta che accomuna tutti i dipinti esposti. E “sospensione” diventa il termine chiave per cercare di comprendere l’universo pittorico del Sassoferrato, un universo che è al contempo artistico e religioso. Un’altra calzante definizione lo vuole il più purista dei puristi e le opere in mostra rivelano il carattere quasi “monacale” della sua volontà di ripetere senza mostrare segni di stanchezza determinati schemi compositivi. E altrettanto centrato è il paragone con gli artisti-artigiani bizantini e ben si spiega il riferimento al valore in sé dell’opera come icona. Come il pittore-monaco bizantino, Giovan Battista Salvi accetta di ritirarsi, di fare un passo indietro sacrificando un po’ del proprio ego di artista per lasciare spazio al soggetto. Il risultato di questa scelta e di quella della Chiesa di “sfruttare” le sue opere è stato l’enorme diffusione “anonima” delle immagini raffiguranti le sue Madonne, un po’ quello che succede a molti fotografi i cui scatti rimangono impressi nella memoria collettiva senza che il pubblico sappia riconoscerne l’autore. Girando per le sale si nota che i personaggi che popolano i quadri del Sassoferrato sono sempre raffigurati con le labbra serrate, quasi trattenessero il respiro, mentre le Madonne hanno un qualcosa di orientale, nelle linee molto arrotondate dell’ovale, nella fessura quasi impercettibile delle palpebre che lasciano intravedere uno sguardo, appunto, “sospeso”. sassoferrato_urbino Per vedere una bocca appena dischiusa bisogna soffermarsi di fronte alla stupenda tela che raffigura San Giovanni Evangelista e un angelo adoranti il crocefisso, un omaggio aperto al conterraneo Raffaello. In presenza del Cristo pallido di morte, l’Evangelista apre appena le labbra per sussurrare una preghiera. La tela è stata concessa dalla Galleria Nazionale delle Marche a suggellare una sorta di “gemellaggio” con Urbino, che in questi mesi celebra il suo figlio più famoso. Ancora al Sanzio rimanda la Madonna col Bambino e il libro, prestata da una collezione privata di Brescia. Desta invece stupore la visione della Maddalena che abbraccia la croce, gli occhi chiusi e un seno che sfugge alla veste: un’immagine che comunica sensualità e al contempo tranquillità spirituale. sassoferrato_maddalenaNella Sacra Famiglia San Giuseppe si appoggia a un bastone la cui forma a T pare alludere alla croce su cui patirà il figlio. Ma non c’è angoscia nei volti dei genitori e il Bambino dorme tranquillo. Torniamo dunque al concetto di “sospensione”: nei quadri del Sassoferrato il male è assente, ma quest’assenza svuota il campo anche della presenza del suo contrario, il bene. Rimane un universo dall’atmosfera rarefatta, perfettamente purificata, al di sopra del bene e del male. L’ultimo quadro esposto, il Busto di Vergine orante (Mater amabilis) della Collezione Gregorio d’Ottaviano Chiaramonti, collega idealmente la mostra all’altra esposizione attualmente in corso a Cesena: L’arte contesa nell’età di Napoleone, Pio VII e Canova. L’opera appartenne infatti a Pio VII e rimase al Quirinale fino alla sua morte. In conclusione merita ancora una segnalazione il catalogo, utile strumento di avvicinamento al mondo e all’arte del Sassoferrato. Le schede delle opere in mostra sono sintetiche ma sufficientemente ricche di informazioni e l’apparato iconografico è completo. Anche il prezzo e le dimensioni del volume sono più che accettabili: quasi una rarità in quest’epoca di “mattoni” prolissi e costosissimi.