La vita a Cabernardi al tempo della miniera

Cabernardi, Cooperativa Miniere, anni '40

Cabernardi, Cooperativa Miniere, anni ’40

Un ufficio postale, la banca,  la caserma dei carabinieri, l’ufficio di stato civile, la condotta medica e quella ostetrica, la farmacia, l’asilo infantile (gestito dalle suore), la banda musicale dei minatori, un campo da calcio (per la squadra della Società, con le maglie color giallo canarino, in onore dello zolfo),un distributore di benzina. Con la gestione della Montecatini, la miniera di zolfo di Cabernardi ebbe il suo massimo sviluppo e anche splendore. Cambiarono gli usi e i costumi con l’incremento degli operai e la necessità di stimolare il personale a venire a lavorare nel paese dello zolfo. Addirittura un villaggio-operaio fu creato nel 1920 a Cantarino e Cabernardi, con la crescita socio- economica, divenne un punto di riferimento come centro di servizi e infrastrutture. Prima della chiusura della miniera si discuteva di scindere la frazione dal comune di Sassoferrato per WIN_20150630_145313farla diventare comune a sé stante. In questo nuovo assetto societario, le donne trovarono una loro collocazione. Avevano a disposizione un lavatoio pubblico, un forno dove potevano cuocere il pane, e molte di loro lavorarono presso la mensa per gli operai e per gli impiegati. Nel periodo della prima guerra mondiale furono fondamentali per proseguire nell’estrazione del minerale e al ritorno degli uomini continuarono a lavorare in WIN_20150630_145245superficie. La Cooperativa Miniera Montecatini creò sul territorio diversi spacci aziendali. Le merci avevano prezzi inferiori di circa il 10%. Altro punto di ritrovo per i lavoratori e le famiglie era il dopolavoro dove si ospitavano e si promuovevano variegate attività ricreative e culturali, nel campo dello sport, del teatro, del cinema, nonché delle gite e delle cerimonie. Ovviamente tutto questo benessere non faceva certo passare in secondo piano le difficili condizioni di lavoro all’interno della miniera dove i minatori erano costretti a lavorare seminudi a causa degli spazi angusti e del grandissimo caldo e umidità che raggiungeva anche l’80%. Le condizioni all’interno della miniera erano difficili anche a seguito del condizionamento psicologico derivante dal fatto di trovarsi per lungo tempo a centinaia di metri di profondità e senza luce naturale. L’attività in superficie non era molto più semplice, a causa dei vapori prodotti nella lavorazione dello zolfo. Inoltre le discariche del materiale trattato facevano innalzare in modo innaturale la temperatura nell’area circostante, per questo motivo la maggior parte delle assenze per malattia era provocata da complicazioni alle vie respiratorie. L’aria satura di fumi di zolfo fu tuttavia la principale causa del basso numero di morti di “Spagnola”, l’epidemia d’influenza che tra il 1918 e il 1920 uccise milioni di  persone nel mondo.

Federica Stroppa

Per approfondire …

…Cabernardi era una cittadina, non mancavano i soldi, c’erano i negozi, si viveva bene. C’erano certi mercati bellissimi, la festa da ballo, non mancava niente, c’era tutto, c’avevamo un circolo che ancora c’è, tante manifestazioni. Mi ricordo che a santa Barbara, patrona dei minatori, c’era la festa e la Montecatini dava due litri di vino e un chilo di carne a tutti gli operai, anche a quelli che non facevano i minatori, e così passavi il tempo. C’era la scuola, c’era la caserma, la farmacia. In miniera ci lavoravano duemila e tanti operai, la Montecatini aveva portato un grande miglioramento, e poi ai mercati veniva tanta gente, tutte le settimane. Poi il giorno di paga, che mi pare era il ventisette, era un gran diavolerio, c’erano la cooperativa, il macellaio, il negozio di stoffe, poi c’era la banca, la posta, il barbiere, un paese molto civilizzato ai tempi… noi avevamo una casa bellissima per conto nostro, si guadagnava bene, e comunque si tirava avanti, il lavoro c’era, tranquilli…

Intervista ad Americo Ferroni, effettuata da Verdini Lilith il 23-10-2004.

…Io ci stavo bene, l’aria, insomma si stava bene perché Cabernardi era piena di gente. Alla sera, in particolar modo, c’era sempre un passeggio che bisognava chiedere permesso, insomma molta gente. E allora ci si vedeva sempre con tutti, tutti quanti amici, c’era molta collaborazione tra le persone. A Cabernardi c’era una banca, c’era la posta, c’erano tre negozi più la cooperativa, dove si poteva fare spesa con il libretto e alla fine del mese i soldi venivano ritirati dalla busta paga, dove a volte non rimaneva nulla, però, anche se non regalava niente, costava un po’ meno che nei negozi. Poi c’era il cinema, il martedì, il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica con film sempre belli, anche di prima visione, io stavo anche a staccare i biglietti all’ingresso, e poi si giocava a carte, gli anziani giù al campo sportivo giocavano alle bocce e poi si ballava, per esempio, a carnevale, lì al circolo. Cabernardi attirava gente anche dagli altri paesini e la miniera dava lavoro a tutto il circondario… io giocavo con la mia squadra a pallone, ero contento, ci stavo bene…era la Montecatini che la finanziava, sin dal trentuno aveva ingaggiato dei giocatori importanti, se si muoveva la Montecatini poteva fare tutto quello che voleva. Io ho cominciato a giocare nel quarantacinque, avevamo le maglie color giallo zolfo e la squadra si chiamava Cabel perché eravamo fusi con Bellisio Solfare, insomma ho dei bellissimi ricordi. Invece una volta finita la miniera, Cabernardi si è trovato col niente tanto è vero che hanno portato via perfino le scuole …

Intervista a Gualtiero Pradarelli effettuata da Verdini Lilith il 20-12-2004.

Tratto da Lilith Verdini, Migrazioni fra luoghi e culture. Le miniere di Cabernardi, il Limburgo belga e Pontelagoscuro negli anni ’50. Storicamente 3 (2007) , nr. Articolo 33.

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