Le “mafie” nelle Marche: il fenomeno e come ostacolarlo

procuratore-gen-ancona-sergio-sottaniMarche – «La Regione Marche, nuova frontiera per la criminalità organizzata» l’allarme è stata lanciata dal Procuratore Generale del Tribunale di Ancona, Sergio Sottani nella sua relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario il 26 gennaio 2019.

Emerge il ritratto di una Regione nella morsa di due fenomeni. Da un lato «gruppi criminali etnici – racconta il Procuratore – che sono riusciti a ritagliarsi spazio nel traffico di stupefacenti, nei reati contro il patrimonio, nello sfruttamento della prostituzione, del traffico di esseri umani e dell’immigrazione clandestina »; dall’altro, la pressione della crisi economica che attraverso le sue aziende in difficoltà trasforma le Marche in una terra di conquista e facilita «l’infiltrazione delle organizzazioni mafiose» che s’impossessano di aziende in difficoltà e vogliono cogliere le “opportunità” offerte dalla ricostruzione del post-terremoto.

«Il polimorfismo delle associazioni mafiose, – precisa il Procuratore – cioè il camaleontismo del metodo mafioso varia a secondo del contesto territoriale in cui i sodalizi criminali operano. Il che rende il pericolo della “mafia silente” particolarmente subdolo nelle cosiddette “regione refrattarie”, quelle cioè come le Marche dove la mafia non è sorta, né tradizionalmente presente».

Poggia le sue riflessioni sull’incremento del 200% nel 2018 delle indagini per reati di stampo mafioso, del 27 % per l’autoriciclaggio di denaro; cita due sentenze di condanna in primo grado, seppure non ancora definitive, dell’aggravante mafiosa per reati commessi nel territorio marchigiano; l’inflizione di interdittive antimafia da parte di alcune delle Prefetture della Regione; la scoperta di attività commerciali fittiziamente intestate a prestanomi, in cui i titolari di fatto sono soggetti appartenenti ad organizzazioni mafiose; la presenza nella ricostruzione post sismica di soggetti legati a sodalizi legati alla criminalità organizzata, nonché l’aumento di reati in materia di traffico di sostanze stupefacenti.

« Anche se, paradossalmente, ma non troppo, proprio l’assenza di una criminalità endogena – incalza il Procuratore – può costituire terreno fertile sia per la penetrazione delle organizzazioni mafiose storicamente presenti in altre regioni, sia per quelle diverse associazioni mafiose straniere, le “mafie etniche” ».

Dagli arresti e le indagini risulta che la criminalità albanese sta nell’organizzazione e gestione del traffico di sostanze stupefacenti e nel controllo della prostituzione di donne originarie  dai balcani, dagli Stati della ex Unione Sovietica.

Quella nigeriana è legata alla prostituzione e al traffico di sostanze stupefacenti, spesso in sinergia con altri sodalizi, per lo più riferibili all’area del Nord Africa (Maghreb).

La criminalità rumena, generalmente incline alla commissione di reati predatori e di reati riconducibili al settore informatico (clonazione di bancomat e carte di credito, accesso abusivo a sistemi informativi), si manifesta nelle Marche anche nella prostituzione.

E poi, quella pachistana. New entry. Criminalità presente più di tutto sulla costa del maceratese che sembra aver preso il monopolio del traffico e dello spaccio di eroina.

Per evitare «il contagio ed il successivo radicamento di organizzazioni mafiose, italiane e straniere », è necessaria «un’efficace attività di intelligence, come una Sezione distrettuale della Direzione Investigativa Antimafia, oltre che una magistratura inquirente, professionalmente attrezzata».

Attività di prevenzione e repressione al fine anche di imporre più controlli e garantire una corretta competizione dei privati nel mercato, tracciare il flusso di capitali e delle merci e verificare l’eventuale transito del capitale di illecita provenienza. Non a caso è stato siglato il 13 marzo 2018 un Protocollo d’intesa con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e gli uffici requirenti del Distretto delle Marche in materia di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, al fine di rendere più rapide ed efficaci le indagini dirette all’aggressione dei capitali illeciti di provenienza mafiosa, di agevolare lo scambio di informazioni tra gli organi inquirenti e di rendere più efficace la possibilità di procedere a sequestri e confische nei confronti di patrimoni di natura criminale.

«Ma ci vuole anche un contesto di legalità diffusa – conclude il Procuratore -. La cultura della legalità insegnata prima di tutto nelle scuole».

Véronique Angeletti@civetta.tv

Relazione del Procuratore Sergio Sottani, gennaio 2019 per inaugurazione anno giudiziario

Dati 2018