Lupi: ma quanti sono ? Finita l’era del lupo, si entra in quella della pecora?

Avvistamento di un lupo a Colle di Fossato di Vico il 6 giugno 2018

Avvistamento di un lupo a Colle di Fossato di Vico il 6 giugno 2018

Lupi – Diciamolo una volta per tutte:  il lupo, si sa, fa paura. Negarlo, è assurdo. La colpa è delle favole. Il lupo fa quaterna con la strega, l’orco e la matrigna. Insomma, da sempre, è il cattivo della storia. Non lo si può nemmeno lasciare ululare alla luna: è  uomo-licantropo. Però, sappiamo  che sono solo favole. Non esiste una sola cronaca scritta negli ultimi mille anni di lupi che hanno attaccato l’uomo. Nemmeno una. Forse è per quello che San Francesco fece il fioretto sul lupo di Gubbio tanto per dimostrare che quella povera bestia aveva più che altro una cattiva nomea. Tutto il resto è leggenda. Leggenda metropolitana i dati del Wolf Apennine Center insegnano.

Tuttavia assodato che “Cappucetto rosso racconta tante bugie”,  l’allevatore  dice grande verità. Il lupo è un predatore di greggi di pecore e di cavalli. Attacca, fa strage, decima ed oggi paradossalmente più di prima.

La nostra odierna società pastorizia ha di fatto dimenticato di proteggersi dal lupo. L’animale era in via d’estinzione e le nostre aziende si sono evolute senza di lui. Dopo 45 anni d’attività per ripopolare monti e boschi e decine di milioni d’investimenti, si trovano adesso faccia a faccia con un predatore da cui si sono scordati di proteggersi.

È dal 1971 che il progetto protezione del “lupo” è in piedi. Difficile dire esattamente quanti sono in Italia. Negli Appennini si parla di quasi duemila esemplari – ma c’è chi afferma che siano solo la metà – e tra i 100 e i 150 sulle Alpi.  Nel triennio 2010-2012 la Regione Marche ha stimato la presenza, nelle aree montane delle Marche, di 140-160 lupi, distribuiti in 28 gruppi familiari. Sono sul Monte Cucco, sullo Strega, sul Catria, sul Nerone… nel Parco nazionale dei Monti Sibillini. In questa zona, senza reintroduzioni da altri territori, dagli anni ’80 la presenza del lupo si è incrementata naturalmente fino ad un gruppo di 25-30 animali, in riduzione rispetto agli anni precedenti. Dal 2008 sono state trovate, sui Sibillini, 26 carcasse di lupi, deceduti per investimento (11), avvelenamento (6), abbattuti con armi (2) o uccisi da lacci (3). Per altri tre decessi, le cause non sono chiare, i rimanenti sono deceduti per morte naturale.

Lupi 6Purtroppo “i danni dei lupi stanno creando tensioni sociali con gli allevatori stanchi di vedere le loro greggi in alcune zone decimate. Ragione per cui le Marche,  piuttosto che adottare una politica propensa all’abbattimento, ha messo nel Psr 2014-2020 una misura specifica (la misura 4.4) per garantire contributi economici adeguati alle aziende agricole che intendono dotarsi di strumenti idonei alla prevenzione dei danni, come recinti elettrificati e cani da guardiania.

Infine, alla pari del problema dei lupi andrebbe anche affrontato l’aumento del numero di cani randagi inselvatichiti, un fenomeno che crea una grande confusione lupo/cane e rende incerta l’attribuzione dei danni da questi provocati.

Comunque una riflessione s’impone. L’Italia è un paese che emerge per la ricchezza della sua fauna selvatica. Dati che per gli attivisti ambientalisti si vantano mentre per altri i stessi dati sono la prova che ci vuole un ridimensionamento “naturale” organizzando “prelievi” od in altri termini programmando la “caccia”.

Un’Italia ricca che dimostra dati alla mano che il canis lupus, in questi ultimi decenni non è il solo ad essere cresciuto. È cresciuto anche il camoscio alpino del 120%, il muflone del 300%, il capriolo del 350%, il cinghiale del 400% e il cervo del 700%.

Anche se, a differenza di tutte queste specie, il lupo nella delibera europea del 1992 è considerato una specie prioritaria, ossia non si può “catturare, uccidere, cani da guardiadisturbare, avere in detenzione, trasportare, scambiare e commercializzare“. Ci vogliono deroghe e ben motivate. E l’Italia invoca la deroga per “limitare la forte tensione sociale” provocata dal fatto che “gli allevatori hanno sviluppato metodi di allevamento che, per essere compatibili con il lupo, richiedono  onerose misure di prevenzione”.

Pertanto è una richiesta di lasciare libere le greggi… Fino a quando, un giorno, qualcuno, per danni, dirà che dobbiamo difendere macchine, pedoni, ciclisti e mbk dalle  greggi e dai loro cani erranti. E a quel punto sarà finita l’era del lupo ed inizierà quella della pecora.

Véronique Angeletti@riproduzione riservata.

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Le prime politiche di conservazione della specie si ebbero a partire dagli anni ’70. Nel 1971 viene emanato il primo divieto temporaneo di caccia al lupo, nel 1973 un altro che ne viete la caccia per altri tre anni e nel 197, il  divieto definitivo. Nello stesso anno viene inserito tra le specie particolarmente protette e  reso illegale l’utilizzo di esche avvelenate. La L. n.968/77 e la successiva 157/92 hanno quindi definitivamente dichiarato il lupo specie pienamente e particolarmente protetta. Inoltre il D.P.R. n 357 del 8 settembre 97 di recepimento della Direttiva Habitat inserisce il lupo nell’allegato D (specie d’interesse comunitario che richiede una protezione rigorosa). A livello comunitario nel 1979, la specie viene inclusa nell’appendice II della Convenzione di Berna come specie particolarmente protetta. Nel 1992 la Direttiva CEE n. 92/43 “Habitat” include il lupo tra le specie animali di interesse comunitario che necessitano di misure urgenti di protezione; il D.P.R. 357/97 riconosce l’importanza della specie a livello comunitario e oltre a prevedere azioni mirate alla ricerca e al monitoraggio, ne vieta la cattura, l’uccisione, lo scambio e la commercializzazione. A livello internazionale attualmente il lupo è incluso nella Lista Rossa delle specie minacciate dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali, come specie “Vulnerabile” . Inoltre la CITES (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione) include il lupo nell’allegato II.

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1992L0043:20070101:IT:PDF

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